LA PAROLA DEL PARROCO

 

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A TU PER TU… CON GESÙ

Domenica 14 marzo i bambini e le bambine di quarta elementare si sono accostati, per la prima volta, al Sacramento del Perdono: LA PRIMA CONFESSIONE!

Accompagnati dai genitori, guidati da don Luigi, sostenuti dalle catechiste che li hanno seguiti nei vari incontri, i bambini si sono presentati con gioia a questo grande appuntamento del loro cammino verso la Prima Comunione, che vivranno il 9 maggio.

Tutto il gruppo era presente alla celebrazione delle ore 11 e nel pomeriggio pronti, emozionati e forse anche un po’ preoccupati per questo momento… a tu per tu… con Gesù! Ecco alcune loro riflessioni:

 

“E’ stato bello il giorno in cui Gesù

mi ha perdonato tutti i peccati compiuti.

Mi sembrava di essermi liberata da un grande peso sulle spalle,

come un gigantesco e pesantissimo sasso che poi

mi è stato tolto. Ho provato una grande gioia!”

Letizia Bossi

“Ero emozionato, ma quando è arrivato

il momento della confessione ero contento

perché incontravo Gesù. Dopo la confessione

mi sono sentito leggero”.

Giacomo Montorfano

“Domenica pomeriggio ho celebrato

la mia Prima Confessione.

È stato un pomeriggio molto bello

ed ero emozionato, tutto è passato quando ho raccontato

i miei piccoli peccati a don Luigi,

così è diventato tutto più semplice e facile.

Dopo la confessione mi sono sentito più libero.

È stata una bellissima esperienza”.

Mirko Radice

“Domenica 14 marzo è stato il giorno

della mia Prima Confessione.

Io ero molto emozionato, però quando è stato il mio turno

tutta la paura è svanita e mi sono così avvicinato

a don Luigi sereno e fiducioso,

consapevole della presenza di Gesù”.

Federico Molteni

“Ero molto emozionata, ma quando sono salita sull’altare

e don Luigi mi ha assolto dai peccati,

il mio cuore si è riempito di gioia perché ora so che,

se commettiamo delle mancanze,

Dio, che è nostro Padre,ci perdona sempre

e non si dimentica mai di noi”.

Martina Formenti

“Alla mia Prima Confessione ero molto emozionato.

Mentre aspettavo il mio turno il mio cuore batteva forte

ed il pensiero era rivolto a Gesù per la mia confessione.

Sono contento di aver passato una bella giornata

con don Luigi, le catechiste, i miei amici e tutti i genitori”.

Mattia Ramaioli

“Oggi il Signore ha ascoltato i miei pensieri

 ed ha visto in fondo al mio cuore.

Poi mi ha preso per mano ed aiutato

a camminare sulla via del bene”.

Francesco Trizio

 

Ed ora riporto anche le riflessioni e le emozioni di alcuni genitori che hanno vissuto con gioia l’incontro “a tu per tu… con Gesù” dei loro figli…

“La Prima Confessione del mio primogenito.

Domenica 14 marzo 2004

Con il più piccolo ad Albavilla per la partita di campionato o alle 15.00 in chiesa per la Prima Confessione del primogenito?

La scelta inevitabile e più giusta è stata quella della Prima Confessione.

Una cerimonia che, ai miei tempi, o forse non ricordo bene, non ha avuto la stessa attenzione e cura dei particolari. Un pomeriggio senza paragoni per quanto riguarda la carica emotiva dei ragazzi, visibilmente concentrati e perché no, emozionati, in trepida attesa di chiedere perdono, per la prima volta, a Gesù, presente davanti a loro sull’imponente crocefisso della nostra chiesa.

Un grazie di cuore, credo anche a nome degli altri genitori, alle catechiste e a don Luigi per l’impegno profuso e la preparazione data ai ragazzi.

Un arrivederci alla prossima tappa in attesa del traguardo di domenica 9 maggio”.

Un papà

 

“Domenica 14 marzo, insieme ai nostri bambini, abbiamo celebrato il Sacramento della Penitenza. L’esperienza della loro Prima Confessione vissuta in comunità ci è sembrata particolarmente significativa all’interno di un cammino di fede personale ma dentro una storia di Chiesa. Come genitori ci siamo sentiti sollecitati alla responsabilità educativa di trasmettere ai nostri figli l’esperienza del perdono, sia come Sacramento e dono di Dio ad ognuno, sia come dimensione della vita quotidiana e non solo valore astratto. La forma con cui il parroco e le catechiste hanno preparato i bambini al primo incontro con Gesù ci è sembrata molto bella perché, con semplicità e serenità, i piccoli sono stati guidati a vivere l’esperienza del peccato e della penitenza come gioia per la misericordia del Padre. Forse, grazie a questo, i bambini stanno imparando che il Sacramento, “segno efficace della grazia”, si manifesta nella semplice accoglienza che dà gioia. Il breve momento di festa seguito alla celebrazione, ci ha visto condividere con i bambini la gioia di una familiarità ritrovata con il Padre. La certezza che i nostri figli sono accompagnati nel loro cammino di fede verso l’incontro con Gesù nell’Eucaristia ci sostiene nel compito educativo e non può che renderci riconoscenti verso i loro catechisti e don Luigi”.

Alcune mamme

 

Infine, cari bambini e bambine di quarta elementare, dopo essere stati “a tu per tu… con Gesù” vi auguro di essere ancora più pronti, emozionati e gioiosi di accoglierlo nel vostro cuore attraverso il Sacramento dell’Eucaristia!

Buon cammino!

Ursula Borghi

                                                                                           

 

SI SALMI CHI PUÒ

Nei giorni 19 gennaio, 23 febbraio e 15 marzo, noi adolescenti ci siamo recati a Perticato per partecipare agli incontri di preghiera ai quali erano presenti tutti i ragazzi del decanato Cantù- Mariano.

Questa proposta, rivolta a noi adolescenti, aveva come titolo proprio quello che noi abbiamo usato per questo articolo: “Si salmi chi può!”.

Nel primo incontro, aiutati dalle riflessioni di don Davide Caldirola, abbiamo meditato su quello che è il nostro modo di pregare e sui motivi che ci spingono a farlo. Nel secondo incontro invece don Bruno Maggioni ci ha spiegato come pregare attraverso i Salmi: ne abbiamo letto uno e lui ci ha insegnato a riflettere meglio sul suo significato. Infine, nel terzo incontro, tenuto da don Marco Mauri e dagli educatori degli adolescenti, abbiamo letto e meditato insieme un Salmo sull’amore che racconta di come Dio continui ad amarci ed accompagnarci lungo tutto il nostro cammino. Alcune frasi significative di questo Salmo come “…sei la mia savezza..”, “…con te mi sento al sicuro…” o “…hai posto attenzione al mio grido…” sono state scritte da noi ragazzi su alcuni foglietti colorati e successivamente lette da altri ragazzi.

Al termine di questo momento a ciascuno dei partecipanti è stato consegnato un Salmo che don Marco ci ha consigliato di utilizzare come invocazione e come preghiera in questo periodo cristianamente così importante.

Queste serate ci sono state molto utili, hanno arricchito il nostro cammino di preghiera e ci hanno aiutato a capire meglio l’importanza del nostro rapporto con Dio e con la sua Parola…

Alla prossima occasione!

Carolina & Roberta

                                                                                           

 

APPUNTAMENTO CON IL GAG

Ed eccoci ancora una volta al nostro consueto appuntamento con il GAG, e ancora una volta parliamo di amicizia, di lavoro e di solidarietà, parliamo di… campi legna!

Da ben quattro anni, in questo periodo dell’anno ( Febbraio - Marzo ), il Gruppo Adolescenti – Giovani propone due giornate all’insegna della fraternità e del lavoro, due giornate in cui poter donare qualcosa di sé agli altri, ai più lontani. Infatti, il 15 Febbraio a Montesolaro e il 14 Marzo ad Appiano Gentile, adolescenti, giovani e meno giovani hanno dedicato la loro giornata a tagliare e raccogliere la legna, un’attività il cui ricavato andrà in solidarietà. Questo ormai per il GAG è un appuntamento “di routine”, un  appuntamento che apparentemente non porta con sé nulla di nuovo…                         

Già… come ogni anno il campo legna a Montesolaro è iniziato con la S. Messa alle ore 8.00, dopo la quale abbiamo raggiunto i nostri boschi per iniziare la raccolta della legna e, come ogni anno, con noi c’erano gli infaticabili “ranzitt”. Anche ad Appiano Gentile nessuna novità: per tutta la giornata abbiamo lavorato al fianco delle Sorelle del Vispe, abbiamo trasportato la legna a mano o col trattore e l’abbiamo poi stipata nella legnaia; il pomeriggio si è concluso con la S. Messa e, purtroppo, non sono mancati nemmeno i soliti acciacchi post-campo. Quindi… nulla di nuovo?! Nient’affatto!!  Tanto per cominciare, nuova è la missione alla quale sarà devoluto il ricavato del nostro lavoro: la missione delle nostre suore di Loreto a Isiolo, in Kenya. Inoltre sempre nuovo è l’entusiasmo che ci accompagna in queste domeniche e sta alla base del nostro lavorare insieme, sempre nuova è la gioia di fronte al risultato del nostro impegno e della nostra fatica, nuovo è il calore con il quale ci accolgono le Sorelle del Vispe e nuovi sono anche i rapporti e le amicizie che nascono in questi momenti. Il campo legna è quindi ancora e sempre un’occasione speciale per aggregare, coinvolgere e crescere insieme e, proprio per questo motivo, è un momento prezioso e fondamentale nel cammino del GAG.

Il GAG, infatti, è nato dal desiderio di creare motivi di incontro tra adolescenti e giovani, dal desiderio di stare insieme per dialogare, crescere in amicizia e per poter fare qualcosa di bello e utile per gli altri. Le iniziative e le attività proposte a partire dal 2000/2001 hanno dimostrato che il GAG è rimasto fedele a questi obiettivi ed è cresciuto (… e non solo dal punto di vista numerico!)  Basta pensare al successo e ai risultati delle ultime iniziative come il concerto per la pace, l’ultimo dell’anno a Marina di Bibbona, la mitica vacanza estiva a Valles e i campi legna…  Questo però non significa che il nostro cammino si deve interrompere, che ci si deve accontentare dei risultati raggiunti. Il GAG ora è un gruppo vivo e funzionante e proprio per questo non deve smettere di interrogarsi su quale sia il suo ruolo all’interno della comunità e su quale sia il ruolo di ciascuno all’interno del gruppo stesso. La strada è ancora lunga, il cammino non è concluso, ma per proseguire è indispensabile l’aiuto di tutti, è il momento di mettersi in gioco!

Silvia Tagliabue

                                                                                           

 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
PER
LA XIX GMG

4 aprile 2004

“Vogliamo vedere Gesù”

Carissimi giovani!

1. L’anno 2004 costituisce l’ultima tappa prima del grande appuntamento di Colonia, dove nel 2005 si celebrerà la XX Giornata Mondiale della Gioventù. Vi invito dunque ad intensificare il vostro cammino di preparazione spirituale, approfondendo il tema che ho scelto per questa XIX Giornata Mondiale: “Vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,21).

È la domanda che alcuni “greci” rivolsero un giorno agli Apostoli. Volevano sapere chi era Gesù. Non si trattava semplicemente di un approccio per sapere come si presentava l’uomo Gesù. Mossi da grande curiosità e dal presentimento che avrebbero trovato risposta alle loro domande fondamentali, volevano sapere chi egli era veramente e da dove veniva.

2. Cari giovani, invito anche voi ad imitare quei “greci” che si rivolsero a Filippo, mossi dal desiderio di “vedere Gesù”. La vostra ricerca non sia motivata semplicemente da curiosità intellettuale, che è pur già un valore, ma sia stimolata soprattutto dall’intima esigenza di trovare la risposta alla domanda sul senso della vostra vita. Come il giovane ricco del Vangelo, cercate anche voi Gesù per porgli la domanda: “Che cosa devo fare per avere la vita eterna?” (Mc 10,17). L’evangelista Marco precisa che Gesù lo guardò e lo amò. Pensate anche a quell’altro episodio in cui Gesù dice a Natanaele: “Prima che Filippo ti chiamasse, ti ho visto quando eri sotto il fico”, traendo dal cuore di quell’israelita in cui non c’era falsità (cfr Gv 1,47) una bella professione di fede: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio!” (Gv 1, 49). Colui che s’avvicina a Gesù con cuore libero da pregiudizi può giungere abbastanza agevolmente alla fede, perché è Gesù stesso ad averlo già visto e amato per primo. L’aspetto più sublime della dignità dell’uomo sta proprio nella sua vocazione a comunicare con Dio in questo profondo scambio di sguardi che trasforma la vita. Per vedere Gesù, occorre innanzitutto lasciarsi guardare da lui!

Il desiderio di vedere Dio abita il cuore di ogni uomo e di ogni donna. Cari giovani, lasciatevi guardare negli occhi da Gesù, perché cresca in voi il desiderio di vedere la Luce, di gustare lo splendore della Verità. Che ne siamo coscienti o no, Dio ci ha creati perché ci ama e affinché lo amassimo a nostra volta. Ecco il perché dell’insopprimibile nostalgia di Dio che l’uomo porta nel cuore: “Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto” (Sal 27, 8). Questo Volto – lo sappiamo – Dio ci ha rivelato in Gesù Cristo.

3. Volete anche voi, cari giovani, contemplare la bellezza di questo Volto? Ecco la domanda che vi rivolgo in questa Giornata Mondiale della Gioventù dell’anno 2004. Non rispondete troppo in fretta. Innanzitutto, fate dentro di voi il silenzio. Lasciate emergere dal profondo del cuore questo ardente desiderio di vedere Dio, un desiderio talvolta soffocato dai rumori del mondo e dalle seduzioni dei piaceri. Lasciate emergere questo desiderio e farete l’esperienza meravigliosa dell’incontro con Gesù. Il cristianesimo non è semplicemente una dottrina; è un incontro nella fede con Dio fattosi presente nella nostra storia con l’incarnazione di Gesù.

Cercate con ogni mezzo di rendere possibile questo incontro, guardando a Gesù che vi cerca appassionatamente. Cercatelo con gli occhi di carne attraverso gli avvenimenti della vita e nel volto degli altri; ma cercatelo anche con gli occhi dell’anima per mezzo della preghiera e della meditazione della Parola di Dio, perché “la contemplazione del volto di Cristo non può che ispirarsi a quanto di lui ci dice la Scrittura” (Novo millennio ineunte, 17).

4. Vedere Gesù, contemplare il suo Volto è un desiderio insopprimibile, ma un desiderio che l’uomo arriva purtroppo anche a deformare. È quanto avviene con il peccato, la cui essenza sta precisamente nel distogliere gli occhi dal Creatore per rivolgerli alla creatura.

Quei “greci” alla ricerca della verità non avrebbero potuto accostarsi a Cristo, se il loro desiderio, animato da un atto libero e volontario, non si fosse concretizzato in una decisione chiara: “Vogliamo vedere Gesù”. Essere veramente liberi significa avere la forza di scegliere Colui per il quale siamo stati creati e accettare la sua signoria sulla nostra vita. Lo percepite nel fondo del vostro cuore: tutti i beni della terra, tutti i successi professionali, lo stesso  amore umano che sognate, non potranno mai pienamente soddisfare le vostre attese più intime e profonde. Solo l’incontro con Gesù potrà dare senso pieno alla vostra vita: “Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”, ha scritto sant’Agostino (Confessioni, I, 1). Non vi lasciate distrarre in questa ricerca. Perseverate in essa, perché la posta in gioco è la vostra piena realizzazione e la vostra gioia.

5. Cari amici, se imparerete a scoprire Gesù nell’Eucarestia, lo saprete scoprire anche nei vostri fratelli e sorelle, in particolare nei più poveri. L’Eucarestia ricevuta con amore e adorata con fervore diventa scuola di libertà e di carità per realizzare il comandamento dell’amore. Gesù ci parla il linguaggio meraviglioso del dono di sé e dell’amore fino al sacrificio della propria vita. È un discorso facile? No, voi lo sapete! L’oblio di sé non è facile; esso distoglie dall’amore possessivo e narcisista per aprire l’uomo alla gioia dell’amore che si dona. Questa scuola eucaristica di libertà e di carità insegna a superare le emozioni superficiali per radicarsi fermamente in ciò che è vero e buono; libera dal ripiegamento su di sé per disporre ad aprirsi agli altri, insegna a passare da un amore affettivo ad un amore effettivo. Perché amare non è soltanto un sentimento; è un atto di volontà che consiste nel preferire in maniera costante, al proprio, il bene altrui: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).

È con tale libertà interiore e tale bruciante carità che Gesù ci educa ad incontrarlo negli altri, in primo luogo nel volto sfigurato del povero. La Beata Teresa di Calcutta amava distribuire il suo “biglietto da visita” sul quale stava scritto: “Frutto del silenzio è la preghiera; frutto della preghiera la fede, frutto della fede l’amore, frutto dell’amore il servizio, frutto del servizio la pace”. Ecco il cammino dell’incontro con Gesù. Andate incontro a tutte le sofferenze umane con lo slancio della vostra generosità e con l’amore che Dio infonde nei vostri cuori per mezzo dello Spirito Santo: “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). Il mondo ha bisogno urgente del grande segno profetico della carità fraterna! Non basta, infatti, “parlare” di Gesù; bisogna anche farlo in qualche modo “vedere” con la testimonianza eloquente della propria vita (cfr Novo millennio ineunte, 16).

E non dimenticate di cercare il Cristo e di riconoscere la sua presenza nella Chiesa. Essa è come il prolungamento della sua azione salvifica nel tempo e nello spazio. È in essa e per mezzo di essa che Gesù continua a rendersi visibile oggi e a farsi incontrare dagli uomini. Nelle vostre parrocchie, movimenti e comunità, siate accoglienti gli uni verso gli altri per far crescere la comunione tra di voi. È questo il segno visibile della presenza di Cristo nella Chiesa, nonostante l’opaco diaframma spesso frapposto dal peccato degli uomini.

6. Non siate sorpresi poi se sul vostro cammino incontrate la Croce. Gesù non ha forse detto ai suoi discepoli che il chicco di grano deve cadere in terra e morire per poter portare molto frutto (cfr Gv 12, 23-26)? Indicava così che la sua vita donata fino alla morte sarebbe stata feconda. Lo sapete: dopo la resurrezione di Cristo, mai più la morte avrà l’ultima parola. L’amore è più forte della morte. Se Gesù ha accettato di morire sulla croce, facendone la sorgente della vita e il segno dell’amore, non è né per debolezza, né per gusto della sofferenza. È per ottenerci la salvezza e farci fin d’ora partecipi della sua vita divina.

È proprio questa la verità che ho voluto ricordare ai giovani del mondo consegnando loro una grande Croce di legno al termine dell’Anno Santo della Redenzione, nel 1984. Da allora, essa ha percorso diversi Paesi, in preparazione alle vostre Giornate Mondiali. Centinaia di migliaia di giovani hanno pregato attorno a quella Croce. Deponendo ai suoi piedi i pesi di cui erano gravati, hanno scoperto di essere amati da Dio e molti di loro hanno trovato anche la forza di cambiare vita.

Quest’anno, nel XX anniversario di quell’evento, la Croce sarà accolta solennemente a Berlino, da dove, pellegrinando attraverso tutta la Germania, raggiungerà il prossimo anno Colonia. Desidero oggi ripetervi le parole che pronunciai allora: “Cari giovani, ... vi affido la Croce di Cristo! Portatela nel mondo come segno dell’amore del Signore Gesù per l’umanità e annunciate a tutti che non c’è salvezza e redenzione se non in Cristo morto e risorto”.

7. I vostri contemporanei aspettano da voi che siate i testimoni di Colui che avete incontrato e che vi fa vivere. Nelle realtà della vita quotidiana, divenite testimoni intrepidi dell’amore più forte della morte. Tocca a voi raccogliere questa sfida! Mettete i vostri talenti e il vostro ardore giovanile al servizio dell’annuncio della Buona Novella. Siate gli amici entusiasti di Gesù che presentano il Signore a quanti desiderano vederlo, soprattutto a quanti sono da lui più lontani. Filippo e Andrea hanno condotto quei “greci” a Gesù: Dio si serve dell’amicizia umana per condurre i cuori alla sorgente della divina carità. Sentitevi responsabili dell’evangelizzazione dei vostri amici e di tutti i vostri coetanei.

La Beata Vergine Maria, che durante tutta la vita si è dedicata assiduamente alla contemplazione del volto di Cristo, vi custodisca incessantemente sotto lo sguardo di suo Figlio (cfr Rosarium Virginis Mariæ, 10) e vi sostenga nella preparazione della Giornata Mondiale di Colonia, a cui vi invito a guardare fin d’ora con responsabile e fattivo entusiasmo. La Vergine di Nazaret, quale Madre attenta e paziente, modellerà in voi un cuore contemplativo e vi insegnerà a fissare lo sguardo su Gesù perché, in questo mondo che passa, voi siate profeti del mondo che non muore.

Con affetto vi imparto una speciale Benedizione, che vi accompagni nel vostro cammino.

Dal Vaticano, 22 Febbraio 2004

GIOVANNI PAOLO II

                                                                                           

 

HAPPENING DEI GIOVANI 2004

È ormai da quattro anni che vivo la bella esperienza dell’happening dei giovani! Qualcuno forse non sa di cosa si tratti… è una giornata di condivisione, sì perché si sta insieme tutto il giorno in amicizia sin dalle prime ore del mattino, anzi vi dirò di più, qualcuno di noi ragazzi si trova persino la notte prima a dormire con i propri amici.

Il programma della festa che si svolgerà nella giornata del 12 aprile, è a grandi linee il seguente…

…ore 7.00: ci si trova tutti insieme in oratorio per la colazione e poi si parte… a piedi… per raggiungere S. Agata e vivacizzarla con nastri colorati, striscioni, palloncini… per rendere quel luogo che, per la maggior parte dell’anno, è un po’ troppo “solo”, così accogliente da esplodere di colore ma soprattutto di bambini, ragazzi, mamme, papà, nonni…!

…ore 10.30: pronto il luogo ha inizio la S. Messa, animata da noi ragazzi, alla quale sono invitati tutti, ma proprio tutti!

… ore 12.00: per chi vuole c’è la possibilità di pranzare insieme… non chiedetemi il menù perché ancora non lo so, mettiamola così, sarà una sorpresa!

…ore 14.30: inizia il pomeriggio insieme con giochi e tanta animazione, quindi assolutamente da non perdere!!

In questa giornata ci saranno tante altri momenti da vivere insieme ma, non volendovi privare del gusto della sorpresa, non anticipo altro, per scoprirlo non vi resta che venire quel giorno.

È impossibile che rimaniate delusi perché ne vale davvero la pena… non ho dubbi: ci sarà il sole, il sorriso di tante persone e tanta gioia in ognuna di loro… insomma un clima così dove potreste mai trovarlo?!?!

Chiara Moscatelli

                                                                                           

 

UN SERVIZIO NELLA COMUNITÀ

Come già anticipato il cammino degli operatori pastorali verso un nuovo progetto educativo continua.

Dei tre incontri in programma due sono già stati fatti ed è possibile individuare un aspetto che più di altri è stato sottolineato: l’unità degli operatori pastorali.

Una difficoltà che infatti si è rilevata è la poca disponibilità di a lavorare insieme, la poca consapevolezza di prestare il proprio servizio all’interno di una comunità. Davanti a ciò si potrebbero ipotizzare due motivi alla base di tale fatto: una prima causa la constatazione che non ci sono possibilità sistematiche di incontro/dialogo fra gli operatori pastorali; la seconda la concezione del proprio “fare” in parrocchia.

Il primo aspetto riguarda il fatto che durante l’anno non c’è un programma di incontri che sistematicamente dia la possibilità agli operatori pastorali di potersi incontrare per discutere (eventualmente anche formarsi ) su determinate questioni. Quello che risulta mancante è l’opportunità di poter crescere insieme come comunità educante. Tutto ciò senza prescindere dal fatto che ognuno si mette al servizio degli altri secondo i propri talenti, impegnandosi quindi nell’attività in cui può meglio riuscire. Ma questo non può sottrarci dal considerarci una comunità piuttosto che dei singoli gruppetti. Non possiamo chiuderci ma dobbiamo aprirci e allargare i nostri orizzonti.

Questa considerazione ci porta a porci una domanda: cosa unisce il servizio degli operatori pastorali?

Forse è la risposta a questa domanda che può indicarci il punto di incontro, l’aspetto che ci fa capire il senso di essere comunità.

Il secondo aspetto si collega direttamente a quest’ultima domanda. È infatti importante comprendere ed essere coscienti del perché ci si impegna. È da tenere presente che prima di dire si al servizio in un determinato ambito dico si al servizio in parrocchia. Può sembrare secondario ma non è così, anzi se non si considera questo passaggio, escludendo il riferimento alla parrocchia, si è legittimati a non sentirsi parte di una comunità, quindi a considerare solo il proprio gruppetto, quindi a ritenere inutili o non necessari momenti comuni di confronto o formazione, in poche parole si perde il senso del proprio fare che diventa fine a se stesso.

Il Cardinale nella lettere ci indica la missione verso gli altri, verso tutti. È una strada difficile da percorrere che necessita di tutti. Se non si comprende il senso del servizio e  quindi cosa mi porta a una scelta di questo tipo la strada non solo sarà difficile da percorrere ma impossibile.

federico tagliabue

                                                                                           

 

NON SIAMO NATI NEL PAESE SBAGLIATO

“…. Io ho voluto percorrere un itinerario insolito: andare a trovare uomini e ad ascoltare vicende che, in questi giorni incerti, incoraggiassero la speranza…”. Così Enzo Biagi, il giornalista allontanato, per strani motivi?, qualche anno fa dagli schermi televisivi, scriveva nel 1981 nell’introduzione al suo libro “IL BUON PAESE: VALE ANCORA LA PENA DI VIVERE IN ITALIA?”, un’appassionante viaggio attraverso interviste a uomini illustri e a gente che non compariva nella cronaca, alla ricerca dei perché il Buon Paese riusciva ( anno 1981 ) ancora a sopravvivere “nonostante lo sfascio totale”. Accanto a personalità conosciute come Pertini e Agnelli, Biagi aveva dato spazio a coloro che molto semplicemente svolgevano il loro dovere quotidiano ( la mamma  di 4 bambini sordomuti insieme all’operaio di un’acciaieria ) o a quei piccoli imprenditori, allora rampanti, che preferivano lavorare all’ombra della notorietà. Fra questi i Panini, quelli delle figurine dei calciatori ed  un certo Callisto Tanzi, la cui azienda fatturava 400 miliardi di vecchie lire dando occupazione nel settore lattiero caseario a circa 1000 dipendenti. Sarebbe interessante pubblicare l’intervista completa ma servirebbe un numero doppio del bollettino: ne stralcio solo alcuni passi, credo i più significativi.

 

·        Che cosa non va in Italia? La mancanza di sintesi, troppa burocrazia, troppe code inutili, troppe lentezze inspiegabili.

·        Per lei cos’è il successo? Non ci ho ancora pensato, per ora lavoro solo perché mi piace.

·        Che cosa vorrebbe per i suoi ragazzi? Che riuscissero a vivere bene, serenità intendo dire, non soldi.

·        Chi è un ricco? Non uno che ha quattrini ma che è contento di ciò che possiede.

·        E’ importante la Parmalat? Si, perché l’ho fatta, ma è anche degli altri, più diventa grande più è di tutti.

·        Dove vuole arrivare? Non mi sono posto obbiettivi. Voglio continuare a rendere la mia azienda più forte  anche in campo internazionale e spero di creare un po’ di benessere.

·        Che difetti si vede? Mi mancano certe visioni generali, forse pecco di presunzione, ci sono cose che mi sembrano inutili.

·        Che pretende da un suo collaboratore? Che sia convinto di quello che fa e lo faccia volentieri. Oltre all’onestà, naturalmente, ma io considero tutti per bene, poi qualche volta non lo sono.

 

Ora non so se al signor Callisto, oggi 2004, abbiano fatto rileggere questa intervista, probabilmente neanche quei migliaia di risparmiatori truffati sanno della sua esistenza. Qualche cronista attento e zelante l’ha ripescata e riproposta all’attenzione dell’autore. Enzo Biagi, dall’alto della sua esperienza ha espresso un sintetico parere, evitando ulteriori commenti a quelli che già occupano la cronaca di questi giorni: “L’Italia e gli italiani hanno insite le doti per le possibilità di un riscatto e sempre, anche nel deserto, puoi trovare un fatto meraviglioso”.

Voleva dire che ancora vale la pena di vivere in questo Paese perché le risorse non mancano, la gente è onesta e nonostante tutto e tutti crede nel proprio lavoro e in quello che chiamano il “sistema Italia”.

Francesco Molteni

                                                                                           

 

UOVA CHE PASSIONE!

Paese che vai, usanza che trovi. Si sa. Ma ovunque in tutte le culture gli antichi riti naturalistici legati al succedersi delle stagioni presentano non poche somiglianze. Tra queste la simbologia dell’uovo, emblema della rinascita, che anticamente vedeva il suo trionfo durante i riti che salutavano l’arrivo della primavera. Già 5000 anni fa i Persiani usavano regalarsi uova di gallina per festeggiare la rinascita della primavera. L’uovo è anche un ingrediente fondamentale del pasto rituale consumato durante la Pasqua ebraica, che, come sappiamo, celebra il “passaggio” dall’Egitto, che a sua volta segna una rinascita spirituale. Con l’avvento del cristianesimo, questo simbolo di nuova vita non poteva non essere accolto nelle tradizioni legate alla celebrazione della Resurrezione di Cristo, la cui data è stata fissata definitivamente dal Concilio di Nicea (325 d.C.) nella prima domenica dopo il plenilunio seguente l’equinozio di primavera. La domenica di Pasqua i primi cristiani mettevano sull’altare un cestino di uova perché fossero benedette dal sacerdote. Da allora la tradizione dell’uovo ha incontrato un favore crescente, pur declinata in modo diverso a seconda dei luoghi e delle culture. Pare sia avvenuto alla corte di Versailles il fatidico passaggio dall’uovo di gallina a quello, ben più gustoso, di cioccolato. E fu un re francese, Francesco I, il primo a ricevere un uovo con sorpresa: un guscio contenente un’incisione lignea con la raffigurazione della Passione di Cristo. Ma solo alla corte degli zar l’uovo divenne un dono davvero prezioso. Tutto ebbe inizio nel 1884, quando Alessandro III decise di regalare alla zarina Maria Feredovna un uovo pasquale decisamente sui generis: un tripudio di oro, smalti e pietre preziose contenente, secondo il principio delle bamboline russe, una sorpresa di pari valore. Da allora la tradizione venne ripetuta puntualmente ad ogni Pasqua. Lo zar commissionava un uovo al gioielliere Fabergè, il quale in un anno di lavoro creava dei capolavori in miniatura ispirandosi ad eventi della storia russa oppure alle opere d’arte che abbellivano l’Ermitage. Delle 56 uova uscite dalla premiata ditta Fabergè, ne rimangono 44, per le quali collezionisti di tutto il mondo sono disposti a sborsare cifre da capogiro.

Ben più economiche sono le uova sode, che i bambini possono divertirsi a colorare con tinte naturali derivate dalle erbe. L’usanza risale ad una leggenda secondo la quale Maria Maddalena, trovato il sepolcro di Gesù vuoto e recatasi dai discepoli per avvertirli dell’accaduto, si sarebbe sentita rispondere da Pietro: «Crederò a quello che dici solo se le uova contenute in quel cestello diverranno rosse!». Detto, fatto: le uova si tinsero di rosso. Nei paesi di area germanica ed anglosassone è un coniglietto, Easter Bunny, a portare le uova colorate ai bambini. Ma siccome è un po’ dispettoso, le nasconde nei giardini, costringendo i piccoli ad affrontare una caccia al tesoro la mattina di Pasqua.

Insomma, che siano colorate, di cioccolato o addirittura d’oro… purché siano uova!

Buona Pasqua a tutti!

Tatiana Gammacurta