Sant’Agostino nel suo commento sui salmi
definisce cosa è un inno sacro. Scrive:
“Sapete che cosa è un inno? È un canto con la
lode di Dio. Se lodi Dio e non canti, quello che dici non è un inno; se canti e
non lodi Dio, quello che canti non è un inno; se lodi altro, estraneo alla lode
di Dio, canti e lodi ma il tuo non è un inno. L’inno dunque ha queste tre
qualità, di canto, di lode e di lode di Dio”.
Voi direte: “Beh, perché questo discorso? Che
c’entra col bollettino parrocchiale?!”
Sto leggendo, in preparazione al Natale un
libretto, scritto da Sant’Ambrogio che riporta gli Inni Sacri da lui composti.
Uno di questi inni merita attenzione perché sul mistero del Natale. È appunto
l’inno composto per la notte di Natale.
Voglio presentarlo su questa pagina in occasione della imminente solennità,
come invito e come occasione per tutti a riflettere sul mistero della Nascita di
Gesù Salvatore.
Volgiti
a noi, Tu che guidi Israele, assiso sui Cherubini, mostrati in faccia ad Efraim,
ridesta la tua potenza e vieni.
O
Redentore delle genti, vieni: rivela al mondo il parto della Vergine; ogni età
della storia stupisca: è questo un parto che si addice a Dio.
Non
da seme virile, ma per l’azione arcana dello Spirito il Verbo di Dio si è
fatto carne fiorito a noi come frutto di un grembo.
Il
verginale corpo s’inturgida, senza che il puro chiostro si disserri, brillano
le virtù come vessilli: Dio nel suo tempio ha fissato dimora.
Esca
da questo talamo nuziale, aula regia di santo pudore, il Forte che sussiste in
due nature e sollecito compia il suo cammino.
A noi
viene dal Padre, e al Padre fa ritorno; si slancia fino agli inferi e riguadagna
la sede di Dio.
Consostanziale
e coeterno al Padre, dell’umiltà della carne rivèstiti: con il suo
indefettibile vigore rinsalda in noi la corporea fiacchezza.
Già
il tuo presepe rifulge e la notte spira una luce nuova; nessuna tenebra più la
contamini e la rischiari perenne la fede.
La venuta natalizia del Signore è considerata come
risposta all’appassionata invocazione che sale da Israele, cioè da tutta
l’umanità bisognosa di riscatto.
Il testo dell’inno è pervaso dallo stupore
ammirato per la risposta divina che ha oltrepassato ogni attesa, appagando in
pienezza quel bisogno di liberazione dal male e dalla schiavitù.
Il Verbo, uguale in tutto al Padre, Dio eterno,
viene nascendo uomo da una Vergine, e, gigante costituito in due nature,
percorre la strada salvifica che passando per la nostra terra polverosa, Lo
riconduce, nostro capo e modello, al trono celeste.
Quasi a riposare dalle altezze vertiginose del
mistero, il canto si conclude sul quadro, incantevole per semplicità e grazia,
del presepe betlemitico, segno nei secoli dell’incredibile “umiltà di
Dio”, fonte della sola luce – la fede – che può vincere la tenebra
avvolgente del mondo.
Chiedo anche a voi, carissimi parrocchiani, di
trovare occasioni e possibilità in questi giorni del Natale per contemplare
silenziosi il mistero di Dio che si fa uomo per salvarci. Alla sua generosa
condiscendenza divina, noi non possiamo e non dobbiamo rimanere insensibili e
distratti.
Celebrare il Natale vuol dire lasciarci coinvolgere
da Gesù Bambino “Luce” che illumina ogni uomo. Vuol dire lasciarsi inondare
dalla benefica onda della Sua grazia. Dice il Vangelo: a quanti accolgono il
mistero e la verità della Sua nascita, Gesù dona loro il potere di diventare
figli di Dio. Questo Bambino che è Dio dona la vita di Dio anche a noi se
devoti gli apriamo le porte e lo facciamo entrare da vero padrone, da vero
Signore.
La scorsa settimana sono stata a vedere il presepe
della Scuola Materna… è bellissimo e lo è proprio perché è un vero presepe
per i bimbi… È un presepe che attira la loro attenzione, la loro curiosità,
un presepe che possono “vivere”… un presepe allestito, come ogni anno,
grazie al grande impegno ed alla grande disponibilità dei papà che hanno i
loro bimbi alla scuola materna, un presepe che contiene due grandi novità…
La prima sta nel fatto che il presepe è stato
allestito non più nel giardino, ma sotto il porticato coperto, i cui vetri,
fino ad una settimana fa, erano tappezzati di carta blu per non svelare il
mistero incompiuto che si trovava al suo interno e destare nei bimbi immensa
curiosità.
La seconda grande novità è la semplicità e la
tradizionalità di questo presepe unite al desiderio di comunicare qualcosa di
importante a questi bimbi che frequentano ogni giorno la Scuola Materna.
Entrando nel porticato troviamo un grande parapetto blu, al quale è possibile
accedere attraverso una scala; all’interno, in una sorta di grande finestra,
troviamo un presepe tradizionale illuminato da una grande luce… ed è proprio
la luce l’elemento costitutivo principale di questo presepe perché, oltre a
quella fissa sulla natività, nei pannelli che costituiscono la struttura
portante troviamo ben 2700 minuscole luci che creano un effetto meraviglioso…
e poi un’altra luce guida la nostra attenzione verso un altro pannello dove
sono esposti i disegni natalizi fatti proprio dai bambini… insomma un presepe
tutto per loro, tutto loro… un presepe a cui possono accedere attraverso la
scaletta ed intorno al quale possono camminare avvolti da infinite luci, un
presepe che contiene persino i loro splendidi disegni…un presepe che contiene
un significato molto importante… Gesù,
con la sua venuta, porta la luce nel mondo e lo rende meraviglioso… ed i
bambini, camminando intorno al presepe, possono rendersi conto di quanto questa
luce sia vera, grandiosa, importante…
OPERAZIONE S.O.S. 2003
Durante l’antichità e fino agli albori del
medioevo, i territori corrispondenti al Libano odierno seguirono le vicende
politiche prima dei fenici, poi degli imperi avvicendatisi nel dominio della
Siria. Una storia autonoma del paese inizia con i primi secoli della dominazione
araba (VII-X secolo), quando le impervie montagne dell’interno divennero il
rifugio delle minoranze religiose perseguitate dal califfato (cristiani
maroniti, musulmani, sciiti, drusi), mentre lungo la fascia litoranea vennero
formandosi principati beduini di confessione sunnita. All’epoca delle
crociate, gran parte della costa cadde in mano ai latini, ma nel 1292 seguì la
riconquista musulmana, durante la quale le diverse comunità etniche e religiose
godettero di una relativa autonomia, che consentì ai maroniti e ai drusi una
sorta di codominio. Di qui partirono, dopo l’avvento degli ottomani (1516), i
primi tentativi di unificazione del paese. Nel 1864 Beirut divenne un porto
franco con un proprio governo, grazie ad un particolare statuto di autonomia
garantito dalle grandi potenze.
Nel 1926 si costituì la Repubblica Libanese, priva
tuttavia di una reale coesione interna per la composita fisionomia
socioeconomica della sua popolazione con al vertice una borghesia d’affari di
tipo europeo. I leader libanesi inserirono il Libano nella Lega Araba nel 1945,
e nel 1946 la Francia rinunciò ai propri diritti sul paese. Sotto la presidenza
di Bachaka Al-Khuky (1943-1952) e Cakille Chahoun (1952-1958) il Libano conobbe
un periodo di eccezionale prosperità economica, che gli valse l’appellativo
di “Svizzera del Medio Oriente”, ma anche di crescenti tensioni politiche.
Il conflitto tra gli opposti schieramenti della destra confessionale e delle
sinistre raggruppate in un fronte progressista precipitò, a partire
dall’aprile 1975, in un conflitto armato, dando luogo a una guerriglia che da
Beirut dilagò in tutto il paese.
Scoppiata nel 1975, la guerra civile continuò
negli anni successivi, e vide cristiani contro musulmani, con interventi da
parte della Siria e di Israele. La stessa capitale, Beirut, risulterà divisa
dalla “linea verde” in due parti: Beirut Ovest, musulmana, e Beirut Est,
cristiana. Nel 1976 le previste elezioni vennero rinviate per l’ingovernabile
situazione interna e nel 1980 l’assemblea
nazionale nominerà presidente Bèchir Amin, non
accettato da musulmani e drusi. In questa fase sembra prevalere lo schieramento
anticristiano (siriani, drusi, musulmani sciiti e musulmani sunniti).
Nel 1984 i capi delle principali fazioni
concordarono la formazione di un governo di unità nazionale guidato da Karamè;
vennero concordati diversi “cessate il fuoco”, ma i combattimenti
continuarono. Nel 1985 venne concluso dai drusi un accordo per il disarmo delle
milizie e per la fine della guerra civile. Anche questo accordo fallì,
rifiutato da parte dei cristiani, dei sunniti e degli sciiti estremisti. Nel
1986 i combattimenti proseguirono, provocando nel corso dell’anno oltre 2500
morti.
Nel settembre del 1988 il Libano ha di fatto due
governi: quello di Aoun, che si insediò a Beirut Est, e quello civile di Salim
El-Hoss a Beirut Ovest. Il comitato Arabo tripartito (Algeria, Arabia Saudita e
Marocco) presentò un piano di pace per porre fine alla guerra civile, che
avviene nel 1991, stabilendo un “protettorato” siriano sul paese. Nel 1992
entrò in funzione il nuovo parlamento di 128 seggi, equamente ripartiti fra
cristiani e musulmani.
In questi anni la Siria ha molta influenza
politica, riuscendo a confermare la supremazia dei filosiriani nelle elezioni
legislative del 1996.
L’inizio del 1997 segnò per il Libano la ripresa
delle ostilità con Israele. Nella politica “di palazzo” si evidenziano
molti attriti: occorre ricordare che le tre cariche istituzionali principali, in
base ad una accordo del 1989, venivano assegnate rispecchiando la complessità
etnico-religiosa del Libano (a ciascun principale gruppo una determinata
carica). Il Libano era impegnato nella ricostruzione materiale ed economica del
paese, in seguito alla guerra civile che aveva causato il crollo
dell’economia, la distruzione di Beirut e l’annientamento della finanza. Ma
non era solamente la politica economica a destare proteste: da più parti si
invocava una laicizzazione dello Stato. Il governo, nel 1998, alleviò il debito
e alleggerì le pressioni sulla moneta nazionale e il turismo ricevette un
notevole impulso grazie alla costruzione di musei e alberghi. Iniziò anche,
almeno nelle intenzioni, una nuova fase politica: minor uso della censura, lotta
alla corruzione, liberalizzazione della politica. La visita del segretario di
stato statunuitense Madeleine Albright nel 1999 segnò un importante passo di
riavvicinamento degli Stati Uniti.
Il 24 maggio 2000, dopo 25 anni di occupazione,
Israele ritirò le sue truppe dal sud del Libano, ma nonostante questa
decisione, ancora nei primi mesi del 2001, continuano gli scontri tra huzbollah
presenti nel Libano meridionale e le truppe di Israele.
Ancora oggi le tensioni politiche continuano, perché
il leader israeliano Sharon ritiene la Siria responsabile delle attività degli
huzbollah nel Libano meridionale e quindi non si è ancora arrivati ad una
situazione politica stabile.
Pubblichiamo qui
di seguito la lettera inviataci recentemente da Fratel Lino, operante come
missionario in Burundi, nella Comunità di Mutoyi…
Mutoyi, 11/10/2002
Carissimi amici di Montesolaro,
anche se il tempo corre veloce e le preoccupazioni
non mancano non dimentico i momenti trascorsi con voi nel mio ultimo periodo di
pausa in Italia. In diverse circostanze, più o meno belle, mi sorgeva il
desiderio di farvi partecipi di qieu momenti molto significativi della vita,
nostra e della gente con cui viviamo. Purtroppo però, mi è mancata la
possibilità di comunicarvi subito quelle mie impressioni a causa
dell’isolamento in cui ci trovavamo. Capirete anche voi che, passato il
momento focale, diminuisce pure lo stimolo a partecipare ad altri le proprie
esperienze di vita. Effettivamente in quei giorni, dai primi di luglio
all’inizio di settembre, abbiamo vissuto giorni di insicurezza e di grave
preoccupazione per la nostra gente. Dalla Tanzania, gli anti governativi sono
entrati in Burundi in numero di decine di migliaia e da sud- est del Paese si
sono spostati rapidamente verso nord, seminando morte e distruzione. Le forze
governative, dal canto loro, per far fronte a questa ondata di violenza,
intervenivano alla cieca ed anche con armi pesanti. Le colline dei dintorni si
sono viste sotto il fuoco di ambo le forze e la gente, purtroppo in ritardo, ha
cercato scampo altrove.
In un primo momento noi eravamo rimasti fuori dalla
mischia e così, vista la tranquillità relativa di Mutoyi, la gente si è
riversata in numero di migliaia nel nostro centro. Subito dopo però pure Mutoyi
è stata accerchiata dalle forze ribelli, creando tra noi tutti panico e grande
preoccupazione per la gente che si aspettava da noi sicurezza e sostentamento.
La conseguente reazione dei militari governativi ha ridotto le nostre colline
circostanti in campo di battaglia di giorno e di notte mentre grandi vampate di
fuoco accerchiavano Mutoyi. Incendi, questi, accesi dagli uni o dagli altri
contendenti per impedire la reciproca avanzata.
Nonostante il momento non fosse bello, la nostra
preoccupazione si è rivolta subito a risolvere il problema di trovare un posto
per ricoverare questa gente di notte e per dar loro un po’ di cibo. Sfamare
queste migliaia di persone, se nei primi giorni non è stato un gran problema,
man mano che i giorni passavano diventava sempre più difficile data la scarsità
delle nostre scorte e l’impossibilità di muoverci per trovare rifornimenti.
Abbiamo quindi cercato di fare quello che ci è stato possibile, soprattutto
nello stare vicini a queste persone affamate e piene di paura. Le loro necessità
erano molteplici: colpiti da malaria, dissenteria bacillare e tante mamme in
attesa accolte nella nostra nuova maternità per meglio aiutarle nel loro stato.
Si è però avuta l’occasione di conoscere nuovi volti, orfani, vedove con i
loro già tanti problemi aumentati con questi ultimi fatti di guerra.
Proprio oggi sono stato sulle loro colline: Runyeri,
Carire, Migina, Rwingiri, Jenda e Nkanda. Ho rivisto la stessa gente di quei
giorni nelle loro case. Mi mostravano quanto la violenza di quei giorni abbia
menomato i loro già pochi averi: porte sfondate, tetti di paglia e tegole
bruciati, bananeti e boschi distrutti dal fuoco e la casa svuotata di tutto quel
poco che avevano come coperte, fagioli da semente, zappe e pentole. Erano
comunque contenti di rivedermi e mi ringraziavano per quel niente che eravamo
riusciti a fare per loro. Naturalmente mi hanno dimostrato la fiducia nel nostro
aiuto e nella nostra vicinanza per partecipare ai vari problemi di ripresa. Dal
canto mio li ho rassicurati dicendogli che sarei tornato la settimana dopo,
magari con qualche idea per vedere di alleviare le tante pene, soprattutto dei
bambini che, nonostante la loro giovane età, devono arrangiarsi da
soli a procurare il cibo e hanno problemi per
riprendere la scuola per mancanza di soldi per la tassa ed i quaderni.
Abbiamo comunque ripreso la vita normale, anche se
questa mattina in una missione Francescana all’est del Burundi, i ribelli
hanno seminato di nuovo distruzione e morte. I laici italiani presenti in quella
missione e i padri Francescani hanno abbandonato la parrocchia con mezzi di
fortuna e si sono rifugiati in Capitale.
Cosa stiamo facendo in questo momento è subito
detto. Abbiamo ripreso la costruzione del secondo blocco della nuova maternità
che consta nelle sale travaglio, parto ed una piccola sala operatoria. È qui,
in questi nuovi ambienti, che troverà posto il lettino regalato dalla Comunità
di Montesolaro. Questo è già arrivato qui a Mutoyi ma non è ancora in uso
perché in attesa che vengano terminati i lavori del secondo blocco. Appena
troverà sede vi manderò delle foto. Si continua poi a sostenere la attività a
servizio della gente come l’organizzazione della coltivazione della verdura,
l’allevamento dei pulcini, la ricerca di piante per la segheria che prepara il
legname per la produzione in falegnameria di generi di primo uso come piccoli
sgabelli, porte e finestre o per la ricostruzione di case, ponti…
Come vedete non ci siamo persi d’animo e
continuiamo nel nostro lavoro cercando di stare vicini a coloro che più
soffrono, incoraggiandoli e portando loro la testimonianza dell’amore di
Nostro Signore, che predilige i poveri ed i sofferenti.
Per ora colgo l’occasione di questo scritto per
incoraggiarvi a continuare nel tanto bene che avete dimostrato di saper fare e
ringraziarvi a nome di tutti questi poveri.
Sperando di potervi far avere mie notizie presto vi
saluto anche a nome di tutta la comunità di Mutoyi.
Un saluto particolare al nostro caro don Luigi, che
con tanta abnegazione stimola la parrocchia di Montesolaro sulla via del bene.
Nella nostra parrocchia dal 1996 si è attivata
un’altra iniziativa rivolta al Burundi “BAMBINI
PER UN DOMANI”.
Un folto gruppo di anziani versa una quota mensile
per adozioni simboliche di bambini che vivono una situazione drammatica,
purtroppo ancor oggi come è documentato nella lettera del nostro fratel Lino.
Dal V.I.S.P.E., organismo promotore di questa
iniziativa, ci scrivono:
“Cari
amici, abbiamo ricevuto i vostri versamenti e sinceramente ci è sempre
difficile trovare le parole adatte per ringraziarvi. La vostra generosità e la
vostra fedeltà sono davvero la Provvidenza per tanti bambini, ed è
rassicurante per i nostri missionari poter contare su di voi, sulla vostra
generosità che permette loro di dare ai bambini più poveri un po’ d’aiuto.
Grazie cari amici, il Signore vi ricompensi come solo Lui sa fare.”
LA RELIQUIA DI S.CAMILLO
È
stato chiesto alla redazione del Bollettino di scrivere qualche riga sulla
devozione tributata dalla gente di Montesolaro all’immagine di S.Camillo
contenente un piccolo pezzo appartenuto al grande santo, protettore degli
infermi e sofferenti. Per trovare le origini di questa affettuosa riconoscenza,
certamente non nell’icona presa solo come pura e semplice immagine, ma nel suo
significato più profondo, bisogna riandare con la memoria agli inizi del 1947.
In quell’anno dell’immediato dopoguerra, ricorreva il 2° centenario della
canonizzazione di S.Camillo elevato agli onori degli altari nel 1747 da papa
Benedetto 14°. Per degnamente ricordare l’avvenimento l’ordine dei
camilliani programma la peregrinazione della reliquia del cuore del Santo per
tutti gli ospedali d’Italia: giunge anche a Cantù e di qui, inaspettatamente
anche a Montesolaro dove non esisteva, e non esiste, una casa di cura. Perché
questo fuori programma, e perché proprio nella nostra comunità? Il motivo è
semplice: da un po’ di anni viene in parrocchia ad aiutare Don Vittorio
Bonacina nelle confessioni, nelle prediche, nelle celebrazioni più importanti,
padre Ambrogio Forloni, sacerdote camilliano residente nella casa di questo
ordine a Castellanza in provincia di Varese. Il motivo dello stretto legame fra
padre Ambrogio e Montesolaro bisogna ricercarlo negli anni della guerra, quando
alcuni ventenni, agli inizi degli anni ’40, vengono chiamati a vestire
l’uniforme, lasciare la famiglia e presentarsi alla caserma dell’artiglieria
di stanza a Cesana Torinese in provincia di Torino. Gerolamo Bossi, Michele
Bossi, Mario Marzorati e Mario Tagliabue, aggregati alla banda militare,
conoscono Padre Ambrogio che svolge le funzioni di tenente cappellano: da allora
si instaura fra il gruppo una sincera amicizia che supera i flebili confini del
momento e va oltre i limiti temporali del periodo bellico. Conclusa la
vicissitudine della guerra si ritorna a casa e si pensa a costruire un futuro,
si “fa la morosa”, si decide di mettere su famiglia e si chiama a benedire
le nozze proprio padre Forloni: così è stato per Gerolamo Bossi con Cecilia
Mosconi e per Mario Tagliabue con Bambina Colombo. La familiarità col sacerdote
si allarga, coinvolge tutta la comunità, e come segno di riconoscenza padre
Ambrogio “permette” la sosta della reliquia del Santo per ben 3 giorni, a
conclusione dei quali, dopo gesti di “grande devozione di tutto il popolo”,
lo stesso sacerdote rimasto colpito da quegli attestati di giubilo, decide di
lasciare a perenne ricordo di questo “transito” un pezzo di un’altra
reliquia di S.Camillo che ora si trova sotto l’immagine del santo sulla parete
di sinistra della chiesa vecchia. Da quell’ormai lontano 1947 la devozione al
patrono degli infermi non si è mai spenta, tramandata con atti di fede e
preghiere da una generazione ad un’altra. Entrando in chiesa è spontaneo,
notando le luci accese sotto la reliquia, chiedersi il perché e chi si è
rivolto a Don Luigi per adempiere a questo gesto. È gente che sta soffrendo
nella malattia, che ha fiducia nell’intercessione di questo Santo e che ad
Egli affida la preghiera lasciata direttamente da padre Ambrogio:”Glorioso
S.Camillo,protettore speciale dei poveri infermi, che per 40 anni, con una carità
veramente eroica, Vi consacraste al sollievo delle loro spirituali e corporali
miserie, Vogliate soccorrerli anche più generosamente ora che siete Santo in
cielo e che essi furono confidati dalla Chiesa alla Vostra protezione. Ottenete
loro, da Dio, la guarigione dei mali che soffrono, o la pazienza e la
rassegnazione cristiana che li santifichi e li conforti nell’ora del loro
passaggio, ed in pari tempo impetrate a noi la grande grazia di vivere e morire
a Vostro esempio nella pratica del Divino Amore.”
Un grazie a S.Camillo de Lellis prima, poi a Padre
Ambrogio amico e benefattore di Montesolaro, ed infine a quei giovani che,
chiamati loro malgrado in un’avventura triste e della quale non ne auspichiamo
un ritorno, hanno saputo intrecciare e mantenere rapporti di amicizia duraturi.
Gli ammalati, i sofferenti, i bisognosi hanno una piccola reliquia alla quale
rivolgersi per ottenere ascolto ai loro desideri.
S. Ambrogio è il santo più famoso della città di
Milano, non per nulla ne è il patrono e …che patrono…tanto che ai milanesi
piace farsi chiamare addirittura ambrosiani dal nome del loro amato arcivescovo.
Nessun altro arcivescovo probabilmente nel corso
della storia ha realizzato la simbiosi tra la sua figura di religioso, i
cittadini e la città quanto fece Ambrogio, ancora oggi a distanza di secoli a
Milano rimangono tanti segni indimenticabili della sua grandezza, mi riferisco
alle ben quattro basiliche che l'arcivescovo ha fatto costruire sopra ai templi
pagani per accrescere la fede dei milanesi, facendo poi collocare nelle
rispettive cripte i resti dei santi martiri, ovvero S.Dionigi, S.Nazaro,
S.Simpliciano, S.Celso. Spoglie che il santo aveva addirittura fatto cercare in
lungo e in largo tra le mura della città, per poi trasferirle nelle basiliche
con una solenne benedizione . Il nome del santo oltre alle basiliche appunto
dette "ambrosiane" è legato anche al rito ambrosiano che egli stesso
dettò nel lontano 370 circa, dopo essere stato acclamato vescovo di Milano;
infatti il rito romano prevedeva che l'officiante volgesse le spalle al pubblico
e questo fatto proprio non "andava giù" ad Ambrogio, che preferiva
vedere i fedeli bene in faccia e parlare loro direttamente. Non è tutto, perché
il santo viene spesso ricordato anche per alcuni miracoli che non tutte le
scritture ed i manoscritti sulla sua storia riconoscono, tuttavia sono entrati a
far parte delle leggende sul suo conto; ad esempio si ricorda un episodio in cui
Ambrogio, in visita al pontefice in Vaticano, non sapendo dove appoggiare il
mantello, lo avesse collocato sopra ad un raggio di sole che penetrava nella
stanza in cui si trovava al cospetto del papa…
La sua esistenza e la sua opera di pastore è
spostata così in là nel tempo – Ambrogio nacque nel 334 a Treviri – che
probabilmente non si potrebbe immaginare il suo aspetto se non ci fossero opere
d’arte e mosaici a suggerirci seppur vagamente le sue caratteristiche fisiche,
a riguardo il mosaico di S.Vittore in Ciel d’oro raffigura il suo identikit :
il religioso aveva una figura piccola e gracile, con i capelli un po’ scuri e
ricci, barba e baffi ed un volto magro . Sebbene non fosse ieratico nel fisico,
Ambrogio lo era nei modi, nel suo esercitare con fervore l’ attività
pastorale e religiosa, era anche un uomo di cultura, aveva ricevuto fin da
piccolo una formazione retorica e giuridica ed era stato, prima di essere
nominato arcivescovo del milanese, amministratore della Liguria e dell’Emilia.
Continuò gli studi anche lungo tutta la sua attività nella diocesi di Milano,
durante quegli anni alternò gli studi teologici all’apostolato tra i poveri,
ai quali distribuì tutte le sue ricchezze e diede inizio addirittura all’innologia
religiosa popolare . Gli studi non furono però la sua attività principale,
perché Ambrogio è ricordato per la sua dedizione ai bisognosi, per la difesa
della Chiesa dal paganesimo e per un esempio di vita ascetica e spirituale.
Ciao a tutti! Bentornati al consueto appuntamento
con il GAG.
Anche quest’anno l’avventura ha avuto inizio,
con il primo incontro di Venerdì 8 novembre, che è iniziato con la Santa
Messa, ... poi tutti in oratorio per la cena. Abbiamo ripreso alla grande, come
dimostra anche la numerosa partecipazione di noi “primini”. In tutto eravamo
più di 50 persone, e noi ci siamo trovati subito molto bene, per il clima
amichevole con cui ci hanno accolto e fatto sentire parte del gruppo.
Dopo la cena c’è stato un momento di verifica e
di discussione sulle attività dello scorso anno, e abbiamo pensato ad alcune
proposte che ci piacerebbe vengano attuate prossimamente: alcune sono già state
sperimentate, ad esempio i campi legna o le gite in montagna, ma a noi
piacerebbe anche una gita al mare (ovviamente in estate) o un’avventura in
tenda chissà dove...
È stata una serata coinvolgente, abbiamo capito
subito le intenzioni del gruppo: il GAG è un luogo in cui ognuno può esprimere
le proprie idee. Cosa ci aspettiamo dal GAG? Noi speriamo di trascorrere momenti
in compagnia, divertendoci, facendo nuove amicizie, imparando sempre qualcosa di
nuovo!
Arrivederci a tutti e... FORZA GAG!
Il titolo parla chiaro: noi animatori abbiamo
lasciato Montesolaro e siamo partiti per trascorrere due giorni di
organizzazione del nuovo anno che speriamo di rendere glorioso. Divertente,
particolare, simpatico, coinvolgente… siamo animatori seri, noi!!!
Già… ma chi siamo?
Siamo “ragazzi di oggi” che vogliono divertire
dei bambini proprio come ci siamo divertiti noi quando eravamo più piccoli!!!
Ragazzi che vogliono testimoniare la loro gioia
attraverso il gioco in un luogo in cui credono…
IL NOSTRO “ROSSO” ORATORIO!!!
Cosa dirvi?
Abbiamo vissuto appieno questi due giorni,
soprattutto divertendoci! Il gruppo era numeroso: 19 animatori (ragazzi dai 15
ai 19 anni) e 11 educatori (dai 20 in su) che condividono le stesse idee. Siamo
stati cordialmente e gentilmente ospitati dalle suore di Loreto nel loro
“conventino” di Livorno Ferrarsi: il loro sorriso ha reso ancor più
speciali questi due giorni.
Cosa abbiamo fatto?
Attraverso musica, giochi, preghiera ma anche
impegno e serietà abbiamo voluto dare uno stile e delle regole generali che
caratterizzino l’oratorio!
Cosa faremo adesso?
Cercheremo di realizzale al meglio!!!
Ora Resta
A Tutti
da Organizzare e
Realizzare Insieme
Ogni…
cosa!!!
ii^ E iii^ Media
Ed Il Loro…
NOVEMBERFEST
Lo scorso 9 novembre all’oratorio S. Ambrogio di
Mariano è stato organizzato, dalla Commissione preadolescenti decanale,
l’ormai famoso NOVEMBERFEST, giunto alla sua terza edizione.
Ho avuto la fortuna di vivere questa mezza giornata
con 30 ragazzi (tra II^ e III^ media) di Montesolaro, con 3 animatrici del
nostro oratorio che hanno gestito la festa serale e con i gruppi delle altre
parrocchie del decanato… in totale 250 persone circa!!
È vero, i numeri non sono tutto… ma per noi che
abbiamo organizzato questa giornata sono motivo di grande soddisfazione!
Il canovaccio è ormai consolidato: ci si è
ritrovati nel tardo pomeriggio, abbiamo vissuto un momento di accoglienza, poi i
giochi divisi a squadre, il momento di preghiera in chiesa, la cena al sacco e
la festa musicale. A qualcuno può sembrare un programma semplice, che quasi
quasi ha stancato… invece noi della Commissione decanale ci siamo resi conto
che è un modo per far ritrovare i ragazzi insieme, per conoscere nuovi amici,
per divertirsi senza esagerare e senza annoiarsi. Certo preparare qualcosa di
innovativo, di stimolante, di coinvolgente per i gruppi del biennio in
preparazione alla Professione di Fede non è semplice; noi ci proviamo e
speriamo di riuscirci e di continuare ogni anno con entusiasmo a proporre questa
iniziativa.
Non mi resta infine che ringraziare tutti coloro
che hanno reso possibile questa bella giornata: i ragazzi e le animatrici di
Montesolaro che hanno partecipato con vivacità ed amicizia, i genitori che ci
hanno “scarrozzato” a Mariano, gli altri gruppi del decanato, da don Walter
e don Marco che ci hanno ospitato e guidato a tutti gli educatori che hanno
organizzato il Novemberfest… anche questa mezza giornata è stata motivo di
amicizia tra noi e con Gesù!
L’invito per i ragazzi di II^ e III^ media è per
il prossimo “meeting di primavera” !...
·
Cozza Regina di anni 93
·
Mauri Modesta di anni 52
·
Allevi Giancarlo di anni 69
Sabato
7 dicembre, in chiesa parrocchiale, la Corale dei Santi Gervaso e Protaso di
Caglio, diretta dal Maestro Renzo Masciadri e patrocinata dall’Assessorato
alla Cultura e dalla Biblioteca Comunale ha offerto a tutta la cittadinanza un
prestigioso Concerto. Non è la prima volta che questa Corale canta nella nostra
Chiesa. Quest’anno è tornata ancora e ha offerto pezzi musicali di grande
valore, dimostrando una preparazione di alto profilo.Questo livello è il frutto
e il risultato di un lavoro accumulato da vent’anni di affiatamento e da
numerose esecuzioni realizzate con grande passione e con tanto sacrificio. Chi
è intervenuto ha potuto gustare della buona musica. I brani eseguiti erano
composizioni scelte da grandi autori come: Perosi, Mozart, Haydn, Verdi, Haendel
e altri ancora. È stata una serata stupenda che ha rallegrato i cuori e
incendiato la fantasia dei presenti. Occasioni come queste non si devono
assolutamente perdere.
I BAMBINI DELLA SCUOLA MATERNA ED I LORO AUGURI
Domenica
15 dicembre, i bambini della Scuola Materna Serena hanno offerto, in Chiesa
parrocchiale, un saggio canoro formulando così, a loro modo, gli auguri di
Natale ai genitori ed ai nonni. I bambini sono stati preparati per bene dalle
loro maestre e si sono quindi esibiti nel canto con musiche vivaci e piacevoli.
Hanno tirato fuori la loro vocina caratteristica e da veri “Pueri cantores”
hanno dimostrato di aver nulla da invidiare dai celebri cori dei ragazzi che si
esibiscono allo Zecchino d’oro. Le cose più semplici sono le più belle, sono
le più grandi dice una canzone di spirito e stampo francescano. Ed è vero!
L’ho sperimentato, ascoltando meravigliato e stupito domenica pomeriggio
queste vocine innocenti che ripetevano in musica concetti e pensieri di grande
attualità per il nostro mondo, per la nostra società. Chissà che
l’innocenza di questi bambini aiuti davvero la nostra società malata!
Sicuramente la loro preghiera contribuisce alla salvezza, ci ottiene la
liberazione dal
male;
allenta la morsa della cattiveria che purtroppo ancora dilaga in mezzo alla
convivenza degli uomini di oggi.
A PROPOSITO DI NATALE…
A dicembre in piazza del Duomo a Milano si respira
un’atmosfera del tutto particolare, che è difficile trovare in un altro
periodo dell’anno. Le guglie della nostra amata cattedrale ci invitano ad
alzare lo sguardo: i loro contorni sfumano nel cielo grigio dell’inverno
milanese, così che la Madonnina sembra sospesa nel vuoto ad indicarci la via
con la sua luce. L’aria pungente e frizzante, che solitamente ci fa sognare il
tepore delle nostre case, si offre ai sensi come la rappresentazione della
purezza e suscita il desiderio di respirarla a pieni polmoni come se potessimo
in questo modo assimilare la magia che ci circonda e fonderci con essa. Cascate
di luci scintillanti ondeggiano sotto i portici di Corso Vittorio Emanuele,
cornice ideale per una festa: la festa delle famiglie, di padri, madri e figli,
che, magari lontani durante l’anno si riuniscono ora per godere dell’affetto
reciproco. Le note dei canti natalizi penetrano nel fondo dell’anima
promettendo serenità…Una scena che lascia incantato, pieno di stupore
chiunque si fermi ad osservarla.
Per
me è un appuntamento irrinunciabile nel periodo natalizio. È una tradizione.
Ma che cosa sono le tradizioni? Ciascuno di noi custodisce gelosamente un
repertorio di “usi e costumi”. Alcuni sono unici e personali. Altri sono
condivisi da milioni di persone nel mondo. Pensiamo ad esempio al presepe o
all’albero di Natale. Naturalmente ognuno dà a questi usi un significato
diverso, attinto da una sorta di “vocabolario dell’anima” vergato per noi
dalle esperienze che la vita ci riserva. Ma in essi è possibile individuare
tratti caratteristici ed oggettivi, uno scheletro sempre uguale a se stesso, che
viene “consegnato” di mano in mano, di padre in figlio attraverso le
generazioni e può per questo essere definito a buon diritto “tradizionale”.
Mi piace pensare alle tradizioni come ad un filo rosso che attraversa i secoli
legando la sorte dei singoli individui alla storia dell’umanità, facendoli
sentire parte di un tutto in cui superare la propria finitezza. Forse proprio in
questo è da ricercare il loro fascino.
Ma quale è la genesi di alcuni “riti” del
Natale e quale la loro evoluzione nel corso dei secoli? Se la curiosità del
lettore è stata stuzzicata da quesiti come questi, abbia la pazienza di
seguirmi in un breve viaggio nel tempo che ci condurrà alle origini di alcune
tra le più conosciute tradizioni natalizie.
È doveroso iniziare dal presepe,
la sacra rappresentazione che affonda le sue radici nella descrizione della
Natività contenuta nei Vangeli di Luca e Matteo. Nel corso del tempo essa è
stata arricchita di comparse fino a giungere alla configurazione che ci è
familiare: Maria e Giuseppe in atteggiamento di adorazione
di fronte al Bambino a sottolinearne la regalità;
il bue e l’asino, originariamente rappresentanti del popolo ebreo e dei
pagani; i Magi, simbolo delle razze in cui si divide l’umanità, con i loro
doni, incenso mirra ed oro a rappresentare la natura di Gesù, rispettivamente
Dio, uomo e re; gli angeli quali esseri superiori ed infine i pastori, simbolo
dell’umanità da redimere. Pare che la prima messa in scena della Natività
come sacra rappresentazione debba attribuirsi al volere di San Francesco, il
quale organizzò un presepe vivente in occasione della Messa di Natale del 1223
a Greggio. Risale al 1283, invece, la prima scultura in legno avente ad oggetto
la Natività: fu opera di Arnoldo di Cambio ed ora è conservata a Roma nella
Basilica di Santa Maria Maggiore. Un’ultima notazione sul termine
“presepe”: è di conio medioevale ed in latino indica un recinto chiuso,
quindi per estensione una stalla.
Passiamo ora ad un altro protagonista delle feste
natalizie che ogni anno ambisce al primato nelle nostre case proponendosi come
alternativa laica al presepe: l’albero
di Natale. A dire la verità, quest’ultimo è entrato a far parte
della nostra tradizione in un’epoca abbastanza recente. La sua introduzione
nel nostro paese sembra sia dovuta alla regina Margherita, moglie di Umberto I,
la quale, affascinata dalla moda dilagante nelle corti europee sul finire
dell’Ottocento, fece allestire un albero di Natale in un salone del Quirinale.
La tradizione dell’albero è di origine germanica e rimanda in tutte le sue
varianti alla simbologia della rinascita e della fecondità. Il cristianesimo ha
rivisitato questa simbologia: l’albero con le sue illuminazioni e decorazioni
rappresentano rispettivamente Gesù, la Sua luce e la Sua generosità verso
l’umanità.
Nella banalizzazione consumistica il Natale è
diventato sinonimo di regali. Ebbene, questa tradizione viene dall’antica Roma e si
ricollega al rito augurale di regalare al re un ramoscello raccolto nel bosco di
Strenna, forse una dea sabina della salute. Sulla scia di questa leggenda i
Romani presero a scambiarsi regali chiamati appunto “strenne” in occasione
delle feste e del capodanno. Nel mondo cristiano il dono è diventato simbolo
dell’amore di Dio che ha donato suo Figlio all’umanità.
LETTERA A GESÙ BAMBINO
Scrivere
a Gesù Bambino per Natale è come sfregare la lampada di Aladino senza veder
fuoriuscire il Genio, argomentò una volta un famoso scrittore-filosofo.
Ovvero,
è una lista di desideri senza la “sicurezza” che vengano esauditi grazie ad
un Genio che alla vista compare tra vapori di sogno. Insomma ci vuole Fede la
quale, per definizione, crede nell’invisibile. Ciecamente.
Il
Bollettino Parrocchiale ne è, editorialmente, provvisto e prova a stilarne una
tra il serio ed il faceto, tra il sacro ed il profano, tra Montesolaro ed il
Mondo.
Caro Gesù Bambino,
ci devi scusare. Ancora devi venire sulla Terra che
già Ti inondiamo di richieste. Ma, sai, noi umani andiamo di fretta, non
sappiamo più aspettare, nemmeno alla fermata dell’autobus. Però, siamo così
pieni di problemi… Non è che ce ne vuoi risolvere qualcuno ? Su, sii solidale
con noi, del resto il Capo Ti manderà quaggiù a nostra immagine e
somiglianza…
Da dove cominciare ? Dalle guerre più o meno
reclamizzate ? Mah, forse è meglio di no, avrai già la cassetta delle lettere
piena di retoriche richieste di pace che Te ne sarai annoiato… Dalla povertà
e dalla fame nel mondo ? No, no, proprio a Te che nascerai in un’umile
mangiatoia, no, non è il caso…
Ti chiediamo, allora, di portare con Te e di
regalarci pazienza, capacità di riflettere e di comprendere gli altri, di
consegnarci umiltà, generosità e amore per il prossimo… Guarda un po’, con
questi grandi doni risolveremmo da soli e senza scomodarTi conflitti e carestie
di cui Ti abbiamo parlato poc’anzi… Bella macchina l’uomo, peccato che
spesso manchi del carburante adatto per girare al massimo delle proprie
potenzialità e per non creare guai.
Veniamo al nostro piccolo paese, Montesolaro, una
piccola frazione, una grande Parrocchia. Qui il cuore non manca, caro Gesù
Bambino, Te lo assicuriamo. Forse abbiamo bisogno d’imparare a canalizzare
meglio le scariche di bontà che ne fuoriescono senza eccedere in personalismi
sinceri ma, qualche volta, dannosi. Tu, sicuramente, ci puoi aiutare in questo
senso.
E poi, perdona la sincerità… Fa in modo che il
nostro Centro Polifunzionale vada presto in porto, così da usufruirne per le
iniziative parrocchiali. Sì, lo sappiamo, questa richiesta sa tanto di
antipatica raccomandazione ma Tu, toccando le leve giuste nell’animo delle
istituzioni politiche ed economiche locali…
Beh, noi ci contiamo caro Gesù Bambino… In
cambio, Ti promettiamo un presepe meraviglioso, degno di Te e dei Tuoi
familiari…
Con Fede immutata ed immutabile,
il Bollettino Parrocchiale di Montesolaro.